
"Ma su, affrontiamo ora la prova dal valore supremo"
San Benedetto Del Tronto - Trentanove anni dopo, Ascoli-Sambenedettese.

Ci sono giornate che non si dimenticano, specialmente se per fortuna riesci a viverle in un modo speciale. Alla vigilia di Ascoli–Sambenedettese del 26 ottobre 2025, non può che tornarmi alla memoria il derby del 1° giugno 1986, quello che nessuno immaginava sarebbe stato l’ultimo per i trentanove anni successivi.
Mio zio, il vicepresidente Giuseppe Valeri, era un convinto sostenitore di mister Vitali, forse perché quest’ultimo lavorava molto e parlava poco: il profilo perfetto per allenare una squadra tosta, tenace e votata alla battaglia.
La situazione, alla vigilia di quel derby, non era delle migliori: bisognava andare “a salvarsi” in casa di una corazzata, perché la differenza tra Ascoli e Sambenedettese è sempre stata quella. I primi con i soldi, noi però sin dalla prima serie B degli Anni Cinquanta (mio nonno materno, Nicola Barra, emigrato da Napoli, era consigliere all’epoca) avevamo avuto la forza della capacità di unirci e fare sistema, come si direbbe oggi.
Zoboletti, Caioni, D’Isidori, Valeri, Ciabattoni, Bollettini e tanti altri imprenditori (tra cui Augusto Bellagamba, il padre del mio direttore, Vittorio) tenevano testa alle grandi società dell’epoca e, nello specifico, a un unico, grande, vulcanico costruttore.
Però quel 1° giugno non eravamo messi bene in classifica: il rischio della retrocessione era reale, dopo la sconfitta di Trieste e il pari interno con il Cesena. Mio zio mi disse “tu oggi vieni con me in pullman con la squadra”. Partimmo dall’Hotel Quadrifoglio e, per tutta la durata del tragitto, nessuno disse una parola, a partire da mister Vitali.Mio zio, il vicepresidente Giuseppe Valeri, era un convinto sostenitore di mister Vitali, forse perché quest’ultimo lavorava molto e parlava poco: il profilo perfetto per allenare una squadra tosta, tenace e votata alla battaglia.
La situazione, alla vigilia di quel derby, non era delle migliori: bisognava andare “a salvarsi” in casa di una corazzata, perché la differenza tra Ascoli e Sambenedettese è sempre stata quella. I primi con i soldi, noi però sin dalla prima serie B degli Anni Cinquanta (mio nonno materno, Nicola Barra, emigrato da Napoli, era consigliere all’epoca) avevamo avuto la forza della capacità di unirci e fare sistema, come si direbbe oggi.
Zoboletti, Caioni, D’Isidori, Valeri, Ciabattoni, Bollettini e tanti altri imprenditori (tra cui Augusto Bellagamba, il padre del mio direttore, Vittorio) tenevano testa alle grandi società dell’epoca e, nello specifico, a un unico, grande, vulcanico costruttore.
L’accoglienza allo stadio “Del Duca” fu quella tipica degli Anni Ottanta, non è descrivibile con canoni attuali e non fu diversa da quella che mi sarei aspettato, da trascurare. La partita, chi c’era (ed eravamo in tanti sugli spalti) se la ricorda, a chi non c’era basterà dire che forse passammo una decina di volte in tutto la metà campo.
Quella che oggi chiamiamo “fase difensiva” fu perfetta, quel De Cicco sembrava proprio uno che avrebbe fatto carriera, Petrangeli era una sicurezza e Turrini e Di Nicola si sacrificarono. Poi, quasi a fine gara, scattammo in contropiede (quella che sarebbe oggi una “ripartenza”) e Bronzini mandò alle stelle la palla della possibile vittoria. L’ho rivisto spesso a Roma, Bronzini, perché una volta appese le classiche “scarpette al chiodo” divenne tassista: “Come hai fatto a sbagliarla” gliel’avrò chiesto almeno cinque volte, rideva e non ha mai risposto.
La partita finì 0-0 ma non finì lì per noi. Rimanemmo due ore chiusi all’interno degli spogliatoi del “Del Duca”, con i tifosi dell’Ascoli che volevano sfondarne la porta. La faccia di Boskov non la dimenticherò mai, non capiva (nonostante Sensibile ci provasse a spiegarglielo) come mai gli ultras contestassero un punto che, comunque, li avvicinava alla serie A. Probabilmente, se non nasci dalle nostre parti, la cosa è incomprensibile.
Uscimmo da una porta laterale, di corsa. Fummo oggetto di una sassaiola (sempre stile Anni Ottanta) un sasso finì molto vicino al mio finestrino: ultimamente, lo risento spesso quel rumore sordo...Ma il punto c’era e ne facemmo alla fine sette in tre partite: dopo quella domenica (eh sì, si giocava solo di domenica!) vincemmo in casa con il Palermo e anche al “Marassi” con il Genoa. Quello era il problema dei tifosi ascolani fuori dagli spogliatoi: sentivano in pratica di aver, con quel punto, “contribuito” obtorto collo all’ennesimo miracolo rossoblù.
Trentanove anni dopo, è cambiato poco: la squadra allestita per andare in B è la loro, quella “intelligente” che investe sui giovani e l’equilibrio economico è la nostra. I bianconeri sono la miglior difesa d’Europa, la Samb sta facendo già un miracolo nell’attuale posizione play-off. Sono cambiati i tempi, purtroppo: c’è la televisione, ci sono i veti che impediranno alla maggior parte dei sambenedettesi di andare ad Ascoli e viceversa.
Il pronostico è sempre abbastanza sbilanciato, ma non per questo Davide posò la fionda al cospetto di Golia o Ettore uscì dal retro della città di Troia all’arrivo di Achille. Forza Magica “Samba”.
ἀλλ’ ἄγε νῦν μοι ἔρδωμεν ἀρίστης ἀλκῆς: «Ma su, affrontiamo ora la prova del valore supremo» (Omero, Iliade, XXII, 99)
di Roberto Valeri
17/10/2025