La Samb, Alessandrini e il ricordo di mister Mazzetti

San Benedetto Del Tronto - Importante il suo curriculum, molto più importante la grinta che saprà trasmettere.

La Sambenedettese tenta il tutto per tutto nelle ultime nove giornate di campionato e affida la panchina a Marco Alessandrini, dopo l'esonero di mister Lauro a seguito della scialba prova interna contro il Real Monterotondo. La scelta, dato il periodo, non poteva che ricadere su un allenatore "fermo" e, in effetti, il nuovo trainer fa risalire la sua ultima esperienza alla panchina della Pistoiese nel 2022.

Ma, detto questo, sull'esperienza di Alessandrini non c'è nulla da eccepire: parlano le oltre 500 presenze tra i professionisti, la vittoria del campionato di serie D con la Vis Pesaro e della Coppa Italia di serie C con lo Spezia, oltre che la sua militanza un po' ovunque in queste categorie. L'importante sarà la grinta che il nuovo traghettatore rossoblù saprà dare a una squadra che, sebbene sia una spanna superiore anche all'attuale capolista, non riesce a gestire con cinismo e cattiveria le gare, subisce quasi sempre almeno una rete e quasi sempre nell'unica occasione concessa agli avversari e ha spesso dei cali (di concentrazione o fisici?) nella parte finale delle partite. 

Si è parlato dell'età di Alessandrini, 69 anni, e allora il ricordo dei tifosi più attempati va alla stagione di serie B 1984-1985, la terz'ultima della Samb prima del baratro: quella dell'unico torneo di Stefano Borgonovo in rossoblù, quella che nonostante la rosa dei vari Maccoppi, Manfrin, Ranieri, Cagni e Di Fabio tanto per citarne alcuni, si stava mettendo molto male. Dopo la sconfitta di Bologna e i quattro punti in sei partite, la dirigenza diede il timone a Guido Mazzetti che si presentò accompagnato da suo figlio, medico, e che nonostante l'età (69, come nel caso di Alessandrini) e i suoi evidenti acciacchi, esordì vincendo con il Monza (sul neutro di Jesi) la domenica successiva espugnò Cagliari e poi dopo il pareggio interno con la corazzata Genoa espugnò anche Campobasso.

Ecco, fermiamoci qui: perché la storia non potrebbe ripetersi, in positivo? 
Vero: in quel caso di giornate alla fine ne mancavano 16, non 9 e non bisognava vincere il campionato, né per l'italico stivale giravano imprenditori americani con riserve enormi di denaro da investire. Però, deve sempre e per forza finire come il colpo di testa di Touré, sul palo a mezzo metro dalla porta?

di Roberto Valeri

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