Mela rosa, frutto tipico dei Monti Sibillini

- Una varietà-popolazione di mela che va preservata e tutelata, è il monito dei produttori delle mele rosa dei Monti Sibillini del Presidio Slow Food.

Mela rosa (Luigina Pezzoli)

Una forma schiacciata e irregolare con una polpa soda acidula e zuccherina allo stesso tempo, con un profumo intenso ed aromatico: sono le caratteristiche inconfondibili che rendono unica la mela rosa dei Monti Sibillini. "Le mele rosa sono un’antica varietà-popolazione (con un insieme di ecotipi coltivata da sempre nelle Marche, in particolare, quelle dei Sibillini, al di sopra dei 450 metri di altitudine: dalle aree pedecollinari fino ai versanti della catena montuosa". E' quanto sottolinea Massimo Gravucci produttore di Amandola e Presidente dell'associazione “Rosa”.

In ottemperanza al Disciplinare di produzione, le mele rosa del Presidio infatti sono quelle coltivate oltre i 450 metri di altitudine, dalle aree pedecollinari fino ai versanti dei Monti Sibillini. Grazie al particolare microclima, in particolare la grande insolazione unita alle precipitazioni annue e soprattutto l’elevata escursione termica tra il giorno e la notte, il bellissimo territorio dei Monti Sibillini regala frutti sopraffini che maturano più lentamente ed intensivamente e mantengono inalterati il buon sapore ed il buon profumo di montagna. I meleti locali donano un prodotto di qualità superiore che, non a caso, ha meritato la certificazione del Presidio. Apprezzata per il sapore dolce dalle gradevoli note aspre e acidule, per la spiccata aromaticità e per la consistenza soda, la mela rosa del Presidio si distingue per le sue medio-piccole dimensioni, la forma schiacciata, picciolo corto e tozzo, la bella buccia di colore verde con evidente sovracolore rosso vinoso o aranciato che identifica, appunto, i frutti provenienti dalle zone collinari e montane.

La raccolta delle mele rosa va dalla fine di settembre alla metà di ottobre, ma possono essere consumate fino alla fine della primavera successiva, mantenute all’aria aperta a contatto con gli agenti atmosferici.

"Hanno un solo difetto, agli occhi del consumatore moderno frettoloso e disinformato: l’aspetto, perché “sono medio-piccole, irregolari, leggermente schiacciate e con un peduncolo cortissimo, insomma, poco appariscenti ma buone– prosegue Gravucci -. Per questo, per riuscire a competere con le mele moderne presenti sul mercato, più grandi, regolari e dai colori brillanti, occorre intraprendere una battaglia di civiltà, sconfiggere la superficialità dei consumatori che “comprano a vista” in base alle caratteristiche estetiche, per indirizzarli invece verso i sapori veri e i prodotti sani".

L’impegno dei produttori delle mele rosa dei Monti Sibillini del Presidio Slow Food, riuniti nella Associazione, è proprio quello di proseguire l’attività di promozione consentendo la realizzazione del giusto reddito per chi le coltiva.

Rustiche come la maggior parte delle vecchie cultivar, le mele dei Sibillini hanno un’importante carta da giocare sul mercato: sono assolutamente sane. "Assodato che non è un produttore singolo che può’ stabilirne di volta in volta il prezzo sulla base della sua produzione, tale elemento è fondamentale per garantire il giusto reddito per chi le coltiva e non può’ essere disgiunto dal valore - dichiara Nelson Gentili Responsabile del Presidio Mele Rosa dei Monti Sibillini Slow Food e Fiduciario della Condotta del Piceno-. Quindi il prezzo finale deve essere commisurato alla qualità del frutto, che non solo i produttori ma soprattutto i consumatori, devono saper riconoscere per evitare di acquistare un prodotto con caratteristiche non rispondenti allo standard qualitativo".

Il Presidio ha stilato un disciplinare di produzione, che individua l’area di produzione, garantisce la qualità dei frutti e prevede tecniche di coltivazione ecocompatibili. "In considerazione della crescente superficie investita a mele rosa, l’attenzione futura si concentrerà verso la trasformazione e la commercializzazione di succhi di frutta, sidro, e aceto, a marchio collettivo – conclude Gentili -; quindi una “light industrialization”, conservando nel contempo una dimensione umana e familiare fortemente legata al territorio e ai valori dei suoi antenati che si trasferiscono, con antica e collaudata perizia, ad ogni prodotto".

di Luigina Pezzoli

30/10/2018

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